A lasciare l’Italia in direzione Londra sono, negli ultimi anni, i giovani, con un livello di istruzione medio-alto, una certa esperienza professionale alle spalle e la voglia di trovare un lavoro che premi le loro competenze e capacità.
Le migrazioni verso Londra non sono di certo un fenomeno recente, già negli anni ’50 e ‘60 gli italiani partivano in direzione della capitale del Regno Unito, trovando ad accoglierli una città molto diversa rispetto a quella di ora e lasciandosi alle spalle un’Italia differente da quella di oggi.
Eppure, Giuseppe Scotto, Lecturer all’Università di Liverpool, dimostra che le loro storie hanno tratti comuni1. Simili a quelli dei nuovi migranti sono infatti i motivi che spingevano le vecchie generazioni a lasciare l’Italia, così come si somigliano il legame mantenuto con il paese di origine e le difficoltà di ambientamento o a creare reti sociali nella nuova città.
Per costruire un quadro completo dei migranti, Scotto combina una serie di metodi tipici della sociologia qualitativa: interviste a persone particolarmente attive nel gruppo degli italiani a Londra, altre interviste a una sessantina di migranti e, infine, osservazione partecipante, ovvero ha trascorso del tempo con loro e preso parte alle loro attività quotidiane. Il primo passo del suo lavoro è stato contattare le persone maggiormente in vista nelle varie associazioni culturali o religiose italiane a Londra, in modo da ottenere informazioni generali sui comportamenti, le scelte e le attitudini degli italiani nella capitale del Regno Unito.
Oltre alle interviste, Scotto ha partecipato agli incontri delle associazioni, movimenti e partiti politici ed è stato inserito nelle newsletter, in modo da capire il contesto in cui questi si muovono. In seguito, Scotto ha intervistato circa sessanta tra vecchi e nuovi emigrati, i primi arrivati precedentemente al 1980, i secondi arrivati dopo quell’anno e residenti a Londra da almeno tre anni. Mettendo insieme tutte le informazioni, Scotto riesce a dipingere un quadro ben delineato dei migranti italiani a Londra.
I primi arrivati, sceglievano l’Inghilterra come meta di lavoro, lasciandosi alle spalle un’Italia incapace di offrire occupazione a tutta la manodopera agricola, specialmente del Sud. C’erano tra loro molti episodi di ricongiungimento familiare, soprattutto tra fratelli, e a emigrare erano prevalentemente i meno istruiti, che arrivavano con una conoscenza molto scarsa, se non assente, dell’inglese.
A favorire l’ambientamento nella nuova città erano le associazioni cattoliche, alcuni di loro le frequentano ancora e questo rappresenta in qualche modo il loro contatto con la nazione di origine alla quale sono legati sia da un forte attaccamento emotivo, sia da un sentimento di amarezza, dovuto alla distanza e alle difficoltà che tuttora riconoscono nel sistema burocratico e istituzionale italiano.
Per le nuove generazioni le cose stanno diversamente. Innanzitutto i nuovi arrivati non si definiscono come “migrants” (migranti), ma come “mobile” (in movimento): sono giovani e qualificati, accusano l’Italia di essere poco meritocratica e di essere una nazione in cui la famiglia conta più del talento. Tutti sottolineano anche i lati positivi del bel Paese, da quelli più banali legati al cibo e al clima, alla maggior socievolezza delle persone, evidenziando che nemmeno Londra è perfetta, anzi, si possono riscontrare difficoltà col sistema sanitario nazionale, o casi di nepotismo anche nella realtà lavorativa inglese.
Un limite spesso riscontrato dagli italiani a Londra, sia nuovi sia vecchi arrivati, è la possibilità di creare reti di relazioni con gli inglesi, a meno di avere un partner autoctono che introduca nella vita sociale dei londinesi. Spesso i giovani italiani intervistati interagiscono con altri italiani o con stranieri che come loro vivono l’esperienza di abitare a Londra. Inoltre possono contare sull’aiuto delle nuove tecnologie, tra cui siti internet a loro dedicati (ad esempio italiandialondra.com) in cui vengono offerte informazioni, organizzati eventi e favoriti i contatti tra migranti.
Dopo aver delineato le caratteristiche di vecchi e nuovi migranti, Scotto conclude il suo articolo riportando gli elementi che caratterizzano sia le prime sia le ultime generazioni. Innanzitutto cita la difficoltà a relazionarsi con gli inglesi, a creare reti, ma mentre chi c’è da più tempo denuncia episodi di vero e proprio razzismo, per i nuovi arrivati la questione è prevalentemente la difficoltà di creare nuove amicizie o reti di relazioni.
Mentre i primi arrivati tendevano a socializzare con persone provenienti dalla stessa area geografica, per i giovani è più una questione lavorativa, e si creano reti in base alle professioni simili. L’esigenza che sta alla base è la stessa: avere qualcuno con cui condividere la propria esperienza, che sia professionale o privata.
Oltre alle reti sociali, ad accumunare primi e ultimi arrivati sono le motivazioni per la migrazione, in entrambi i casi a spingere verso Londra è la ricerca di lavoro. Se le vecchie generazioni si spostavano per la cronica mancanza di occupazione, le nuove lo fanno per il bisogno di sentire valorizzate le loro competenze e abilità. Entrambe le motivazioni sono espressione di uno stesso problema: la chiusura del mercato del lavoro.
Gli italiani a Londra denunciano dell’Italia l’eccessiva burocrazia, l’inefficienza degli uffici, l’importanza di conoscere qualcuno per ottenere che il lavoro sia fatto, la mancanza di meritocrazia. Mentre per i primi arrivati queste difficoltà si scontravano con la loro attitudine al lavoro duro, e al rispetto per valori familiari che rendevano vincente la loro esperienza nel Regno Unito, per i muovi arrivati ad essere vincenti sono il talento, la competizione sana, l’alto livello di istruzione.
1Giuseppe Scotto (2015) From “emigrants” to “Italians”: what is new in Italian migration to London?, Modern Italy, 20:2, 153-165.
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