Questa rubrica è nata per trattare di come fare impresa sottintendendo che bisogna adeguarci ai tempi e quindi a modelli di business che spesso dipendono dal web, dalle relazioni che noi intrecciamo sul web, dal marketing che sempre sviluppiamo attraverso il web ma soprattutto da quella reputazione che ci costruiamo attraverso le nostre azioni, ossia la reputazione web.
Premessa
La prima cosa utile da affermare è che quanto leggerete dovrete considerarlo in base alla vostra attività. Sicuramente tutti voi, in una maniera o nell’altra, utilizzano il web per essere presenti dove tutti possono trovare tutti e dove le azioni si velocizzano generando ingenti risparmi di tempo e di denaro.
Tuttavia vi dimostrerò come una forte reputazione web spesso non coincide con altrettanti risultati imprenditoriali di realtà che magari hanno minori reputazioni web ma certamente fanno maggiori business. Quanto segue è utile a livello conoscitivo ma non dovrà condizionarvi perché l’unico vero valore che è alla base del vostro successo rimane il vostro agire imprenditoriale.
PageRank: la morte di un mito
Da quando Ideas & Business ha iniziato a fare editoria online, e quindi utilizzare il web come strumento di lavoro, si è posta degli interrogativi e ha ricevuto differenti risposte su questi stessi.
Quando dei professionisti vi offrono pareri completamente opposti è necessario comprendere chi abbia ragione perché non ci si può fidare di entrambi. Saremo costretti a imboccare vie opposte che non porterebbero da nessuna parte.
Più di un anno fa, a pochi mesi dal debutto di ImprendiNews, chiesi a un mio contatto LinkedIn se poteva prendere in esame di aiutarci nel posizionamento di ImprendiNews attraverso strumenti SEO.
Ricevetti una email che mi fece sentire alto quanto il battiscopa che rifinisce i pavimenti del mio ufficio. Questo professionista mi espresse un concetto lapidario che suonava all’incirca così: «Ho dato una rapida occhiata al tuo portale ma c’è troppo da fare. Fra le altre cose hai un PageRank pari a zero.».
Ho sempre creduto che ognuno debba fare il proprio mestiere, io ho la presunzione di fare bene il mio quindi, ho creduto a un professionista di primo livello che dichiarò esattamente la realtà.
Poco dopo ricevetti la visita di un altro grande professionista che però in questo caso cito – prima non l’ho fatto perché spesso chi legge è portato a giudicare male e voglio tutelare il nome di una persona che comunque stimo – il Dottor Gianfranco Paltro di Media Service Italia.
Ricordo ancora oggi che il Dottor Paltro smanettava sul suo portale per determinare alcune strategie correlate ad alcune parole chiave quando gli chiesi lumi sul mio povero PageRank che valeva zero.
Alzò le spalle e mi disse di non preoccuparmi troppo di un valore composto da più di duecento elementi che contribuiscono a creare un punteggio – la reputazione web calcolata tramite PageRank – che va da 1 a 10.
In quel momento quell’uomo mi rassicurò su un dato che mi faceva sentire di valore pari a zero.
C’è però di più. In tempi molto più recenti quindi parliamo di qualche settimana fa ho avuto il piacere di confrontarmi con un tecnico accreditato Google. Parlando di un problema specifico che non è la reputazione web questa persona – nome in codice Cocoprise – colse l’occasione per darmi un link che, in altre parole, demoliva il mito del PageRank tant’è che l’articolo presente in Google Webmaster Central ha per titolo “Andiamo oltre al PageRank”.
Il testo viene utilizzato tutt’oggi nell’ambito degli insegnamenti dati dalla Google Analytics Accademy quindi non è diventato obsoleto sebbene sia stato scritto il 13 aprile del 2012 a firma di Susan Moskwa – Webmaster Trend Analyst sul Webmaster Central Blog – mentre la traduzione in lingua italiana è stata curata, per i Webmaster nostrani da Giacomo Gnecchi.
Prima di andare oltre bisogna capire cos’è uno strumento ancora utile: il PageRank. Strumento che però non dobbiamo utilizzare per elogiarci o abbatterci. Per darvi una corretta informazione cito testualmente una parte di testo tradotta da Giacomo Gnecchi:
Nel 2008 Udi Manber, VP of Engineering presso Google, scrisse sul blog ufficiale di Google:
“La parte più famosa del nostro algoritmo di ranking è il PageRank, un algoritmo sviluppato da Larry Page e Sergey Brin, i fondatori di Google. Il PageRank è in uso ancora oggi, ma fa parte di un sistema molto più grande.”
Il PageRank poteva essere un segno distintivo del nostro motore di ricerca quando fu fondata Google nel 1998, ma data la velocità di cambiamento descritta da Manber (“in media vengono lanciati 9 [miglioramenti]alla settimana”), abbiamo avuto un sacco di occasioni per aumentare e perfezionare i nostri sistemi di ranking nell’ultimo decennio. Il PageRank non è più, se mai lo è stato, l’unica componente su cui si basa il ranking.
Come viene sottolineato nell’articolo il PageRank è diventata una popolare metrica per la sua semplicità. Esprime infatti un valore secco da 1 a 10 che è lapidario ma che ha perso negli anni il proprio valore sia perché Google non lo considera più come primario sia perché i tempi hanno portato nuovi strumenti che agiscono in un lasso temporale molto più breve e sono in grado di misurare maggiormente la contemporaneità della nostra reputazione web o, quanto meno, cosa deriva dalle azioni web.
Se la pagella del PageRank non è più da considerare come dobbiamo leggere il nostro valore nell’immenso spazio di internet? Per capirlo rimaniamo ancora in casa Google e continuiamo a prendere spunto da quanto ci propone Giacomo Gnecchi.
Sempre considerando che la parola di un professionista vale molto vi propongo un secondo estratto della traduzione del Gnecchi:
Se non monitoro il mio PageRank, che cosa dovrei monitorare?
Date un’occhiata alle metriche che corrispondono direttamente a vantaggi significativi per il vostro sito web o per la vostra attività, invece di concentrarvi sui segnali del ranking. Considerate anche metriche che vengono aggiornate giornalmente o settimanalmente, anziché numeri (come il PageRank) che cambiano solo un paio di volte all’anno; questi ultimi sono troppo lenti per consentirvi di comprendere in modo affidabile quali delle vostre modifiche hanno comportato un aumento o una riduzione del numero (supponendo che aggiorniate il vostro sito più di un paio di volte all’anno). Ecco tre suggerimenti per iniziare, tutti monitorabili utilizzando servizi come Google Analytics o Strumenti per i Webmaster:
- Tasso di conversione
- Frequenza di rimbalzo
- Percentuale di clic (CTR)
A questo punto è chiaro che in casa Google abbiamo tre differenti strumenti per monitorare quanto succede sul nostro web e quanto può valere la nostra reputazione web. Prima di analizzare i tre punti proposti dal Gnecchi voglio ancora aprire una parentesi che è importante.
Quanto leggerete di seguito è veritiero ma bisogna però comunque considerare che la specifica veridicità – oggi – non trova più riscontro in taluni comportamenti che vedono un costante modificarsi dell’utilizzo del web. Vedremo, laddove sarà necessario, come leggere serenamente degli eventuali aspetti negativi.
Tasso di conversione
Il tasso di conversione è la metrica che quantifica le azioni fatte dal vostro visitatore a soddisfacimento di quanto voi volevate fargli fare. Stiamo parlando di qualunque tipo di azione.
Attraverso determinati link posizionati sul vostro sito o sui Social Network potrete indurre il visitatore a compiere una determinata azione. Che debba acquistare un prodotto, iscriversi alla vostra mailing list o semplicemente rispondere a un sondaggio il soggetto eseguirà un’azione che non farà altro che effettuare una conversione. Verrà quindi convertito il vostro volere di coinvolgimento nell’azione di partecipazione del visitatore.
Questa metrica è contemporanea, ovvero agisce in tempo reale, quindi determina un flusso di risultati in grado di misurare la vostra capacità sul web. Più sarete coinvolgenti maggiori saranno i risultati.
Uno strumento di misurazione delle conversioni è offerto da Google Analytics. Determinati CMS, come WordPress, hanno dei Plug-In in grado di identificare delle pagine statiche come Landing Page quindi vi proporranno, nell’area amministrativa e in forma semplificata, la lettura dei dati che vi proporrebbe Google Analytics.
Frequenza di rimbalzo
La frequenza di rimbalzo è quella metrica che misura i visitatori che giungono su una specifica pagina del vostro portale e che lo abbandonano senza passare a un’altra pagina. Nel 2012 veniva sottolineato che questo comportamento da parte dell’utente potrebbe indicare uno scarso interesse nei confronti del vostro sito e quindi dei suoi contenuti.
Quel “potrebbe” bisogna valutarlo seriamente ma bisogna anche tenere conto di più attuali abitudini che hanno ridefinito le più usuali azioni di chi utilizza la rete.
Cosa mette in discussione la frequenza di rimbalzo?
Chi gestisce una testa, un blog o un altro portale che sia allineato ai tempi può scegliere di “avvisare” i propri lettori relativamente a un nuovo contenuto affidandosi a vari strumenti; ne prendiamo in esame due.
Facciamo un esempio pratico. Voi potete seguire le notizie di ImprendiNews essenzialmente in due modi senza per questo navigare il portale:
- Feed RSS
Chi ci segue utilizzando un lettore di Feed RSS avrà a propria disposizione il titolo dell’articolo, il sottotitolo o riassunto e l’immagine di copertina. Se l’argomento interesserà basterà un click per giungere su quella specifica pagina. Questa azione si ripeterà per eventuali altri articoli, di conseguenza avremo un utente che cliccando sul proprio lettore di Feed RSS aprirà più finestre del Browser generando molto traffico ma anche tantissima frequenza di rimbalzo. Il fattore apparentemente negativo. - Notifiche tramite Social Network, forme riassunte
Se anziché usare i Feed RSS giungete sulla pagina di un articolo perché cliccate l’anteprima presente su qualche Social Network – come Facebook – riprodurrete il comportamento appena descritto per i Feed RSS.
In sostanza se la vostra frequenza di rimbalzo vi segnala – giusto per creare un paradosso – 100 pagine su cui si sono effettuati rimbalzi avrete ragione a preoccuparvi sempre che la vostra attività tragga dal web l’oggettiva sostanza per sopravvivere e magari il totale pagine sia 145/150. Se però la frequenza di rimbalzo totalizza 1,5 milioni di rimbalzi io sinceramente non mi preoccuperei più di tanto. Al contrario stapperei una bottiglia di un buon spumante italiano!
Capite quindi che considerare un dato non è sufficiente, bisogna farlo considerandolo, se possibile, nel contesto delle abitudini del nostro potenziale cliente.
Percentuale di clic (CTR)
Questa è la metrica che misura il tasso di click che le persone fanno per raggiungere il vostro sito, quindi quei click fatti sui link dei motori di ricerca che diranno a Google Analytics da dove provengono i vostri visitatori. Avere un PageRank alto ma un tasso di conversione CTR basso significa che il vostro snippet non è sufficientemente convincente o l’aspetto del vostro portale essendo già noto è perdente rispetto alla concorrenza.
A queste considerazioni di base se ne potrebbero aggiungere delle altre ma non si darebbe maggiore valore a quanto già detto. Mentre invece una cosa che potete fare è leggere come Google vi offre i suoi consigli per migliorare i vostri snippet
PageRank, in conclusione
Non riesco a immaginare migliore conclusione se non una citazione presa delle parole scritte dal Gnecchi:
Interi blog e libri sono stati dedicati a spiegazioni e analisi delle metriche web, quindi mi scuserete se le mie spiegazioni sono piuttosto generiche; il sito di Avinash Kaushik (evangelista di Analytics) è un ottimo punto di partenza se volete approfondire questi argomenti. Tuttavia spero di avervi almeno convinti che ci sono modi più diretti, efficaci e controllabili rispetto a PageRank per misurare il successo del vostro sito.
Un’ultima nota: alcuni proprietari di siti sono interessati al PR dei loro siti perché la gente non acquisterà link dai loro siti se non hanno un PageRank elevato. La compravendita di link allo scopo di trasferire il PageRank vìola le nostre Istruzioni per i webmaster ed è molto probabile che abbia conseguenze negative per il vostro sito web, quindi a) vi consiglio vivamente di evitarlo e b) non stupitevi se non siamo interessati ad aiutarvi ad aumentare il vostro PageRank o a migliorare il vostro sito web quando il vostro obiettivo dichiarato è questo.
Saremmo lieti di sapere quali metriche avete trovato utili e utilizzabili per i vostri siti web. Non esitate a condividere i vostri casi di successo con noi nei commenti qui o nel nostro Forum di assistenza per i webmaster.
Da Google a LinkedIn
Se Google è il più importante motore di ricerca del mondo LinkedIn è certamente il Social Network Re nell’ambito delle realtà lavorative. LinkedIn ha come membri liberi professionisti, imprenditori e tutte quelle persone che avendo un lavoro specifico trovano in LinkedIn una piattaforma per socializzare ma anche per trovare opportunità di lavoro.
Una mia amica definisce LinkedIn “il sito dei tagliatori di teste”. Questa espressione certamente colorita mette in evidenza come LinkedIn venga utilizzato per andare alla ricerca del partner, del dipendente giusto o ancora di chi potrebbe fornirci la propria professionalità a fronte di una determinata necessità lavorativa.
LinkedIn essendo un Social Network vive, gioco forza, le dinamiche proprie di qualunque altro Social sebbene con caratteristiche targhetizzate.
Le nostre azioni all’interno di LinkedIn sono assoggettate a quattro differenti tipi di valutazione che LinkedIn stesso ha pensato per giungere a una conclusione di valutazione 100 della nostra reputazione web, o meglio “reputazione LinkedIn”.
Lo strumento che misura questa nostra LinkedIn reputation si chiama SSI acronimo di Social Selling Index. Questo strumento di valutazione era sino a poco tempo fa disponibile solo per gli utenti Premium mentre ora è disponibile per ogni utente e raggiungibile partendo da questo link.
Quali sono quindi le discriminanti che compongono l’SSI? Queste sono:
- Creare il Brand professionale
- Trovare persone giuste
- Interagire con informazioni rilevanti
- Costruire relazioni
Le parole da sottintendere come prefisso alle quattro voci sono “Capacità di”.
Come avrete potuto notare dall’immagine questa settimana io ho una reputazione pari a 74 punti su 100. Ne sono felice tanto più che la settimana scorsa ero a 71, quindi vuol dire che sono cresciuto.
La prima immagine definisce un imprenditore dal successo dirompente. Ma non basta, osservate l’immagine che segue e potreste essere ulteriormente ingannati dal mio valore.
Se osservate il grafico sulla sinistra LinkedIn mi fa notare che i professionisti delle vendite nel settore “Editoria” hanno un SSI medio di 15. LinkedIn mi dice anche che faccio parte del primo 1%.
Se invece guardate il grafico a destra vedrete che LinkedIn mi compara con la reputazione delle persone appartenenti al mio stesso settore e mi dice che loro hanno un SSI medio di 32. Fra queste faccio parte del primo 2%.
Se io dovessi fermarmi a quanto mi dice LinkedIn sarei uno dei manager più in gamba d’Italia mentre invece sono semplicemente un manager che ha sviluppato il proprio lavoro in maniera tale da coinvolgere maggiormente – per motivi tecnici – la realtà web. Quindi anche LinkedIn.
Prova ne è il fatto che il massimo punteggio rappresentato nella prima immagine, e relativo alla capacità di costruire relazioni, è di 25.
Se andassimo a valutare il mio valore nella vita reale comparato con chi, rispetto alla seconda immagine è in posizione 15 o 32 avremmo certamente dei dati completamente differenti. Dati basati su risultati reali di economia di impresa, di fatturati e molti altri elementi che sarebbero da prendere in esame uno ad uno.
LinkedIn, in conclusione
Come recitava una fortunata pubblicità: «Io valgo!».
Però non come mi vuole far credere LinkedIn. O meglio, in ambito LinkedIn quel valore è reale ma non dobbiamo illuderci che corrisponda effettivamente al nostro valore personale.
Tranquilli, abbiamo quasi finito
Bene, se vorrete mi scriverete in un commento quanti caffè avete bevuto leggendo l’articolo e visitando i link che vi ho indicato.
A chiosa una promessa mantenuta nell’articolo precedente, sono stato concreto proponendovi degli strumenti che potrete utilizzare come verifica della vostra realtà web o, se preferite, della vostra reputazione web.
Il messaggio conclusivo che vi do è semplice: il valore della vostra realtà lo definisce il risultato economico del vostro lavoro, ogni altra considerazione deve essere contestualizzata a una profondità tale che richiede specifici esami e dettagliate considerazioni.
PageRank, SSI e tutto quello che potrete leggere dovrete farlo vostro con molta, ma molta cautela senza perdere mai di vista che l’elemento più produttivo è da sempre l’impegno associato alla caparbietà sebbene il fattore “C” sia determinante per situazioni decisamente vantaggiose.
Non ho parlato della reputazione relativamente a Facebook e Twitter, come non ho citato altri Social Network, per due semplici motivi: ritengo che Facebook sia più destinato a essere una vetrina di profili e pagine per quanto concerne l’attività d’impresa mentre per quanto riguarda Twitter – che apprezzo molto – purtroppo non l’ho ancora compreso fino in fondo tanto da parlarne con adeguata cognizione di causa tanto da dare dei consigli.
A venerdì prossimo con un altro articolo di FARM 2ª!
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