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L’Italia sarà il Kuwait europeo?

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Sicuramente l’Italia non diventerà il Kuwait dell’Europa meridionale ma l’attuale attenzione verso l’estrazione dell’oro nero sta salendo.

Il petrolio ha ridefinito il benessere di molti paesi del mondo e ne ha resi alcuni meno dipendenti dall’egemonia mediorientale passando attraverso lo sfruttamento delle proprie risorse. L’Italia in questo periodo sta accelerando la corsa all’oro nero implementando il numero di progetti già attivi. Il nostro paese ha sempre saputo di avere a propria disposizione tali risorse ma le scelte politiche hanno sempre calmierato lo sfruttamento che avrebbe potuto rendere l’Italia molto più ricca partendo prima di tutto dalla minore necessità di importazione di greggio.

In questi giorni si regista un notevole calo del prezzo del petrolio e c’è chi si chiede se sia opportuno rincorrere quell’oro nero che sembra valere sempre meno. Pietro Cavan, Presidente di Assomineraria settore Idrocarburi e Geotermia, sostiene che i progetti italiani rivolti all’estrazione di petrolio nelle acque territoriali siano ancora giustificati e che si debba mantenere quel trend di crescita sugli investimenti che è stato deciso.

Molte regioni italiane si oppongono alle trivellazioni difronte alle loro coste e a contrastare la corsa all’oro nero sono nati anche molti comitati “No Triv”. Le proteste non sembrano influire sulle decisioni strategiche già prese che mirano a raddoppiare entro il 2020 la produzione nazionale di idrocarburi portandola di conseguenza sino a 24 milioni di barili all’anno che conseguentemente genereranno un risparmio su base annua di circa 14 miliardi sugli acquisti energetici oggi fatti sul prodotto estero.

Un’altra fonte di ricchezza per l’Italia deriverebbe dall’occupazione che questi progetti genererebbero. Pietro Cavan sostiene che «Gli idrocarburi in Italia sono stati una risorsa strategica importantissima fin dal dopoguerra. Adesso i progetti di esplorazione definiti sono circa 40».

L’oro nero nel Mediterraneo non sarebbe solo di interesse italiano ma ha già attivato paesi come l’Albania, il Montenegro, la Grecia e la Croazia.

Il mercato del petrolio nel Mediterraneo sembra quindi essere un’avventura ancora tutta da vivere in contrasto con il pensiero di quanti vorrebbero un futuro più “alimentato” da energie pulite che abbandonino man mano proprio l’utilizzo del petrolio come materia prima per la produzione dei vari combustibili.

Forse l’Italia avrebbe dovuto cavalcare l’onda nera in passato e mettere le basi di un maggiore benessere quando tutti guardavano solo al petrolio come risorsa energetica. Forse abbiamo perso tempo per non infastidire giochi di potere che oggi potrebbero risultare indeboliti dall’evolversi dei tempi e da una nuova compagnia di potenti attori.

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