Un recente studio rivela che le donne italiane si sentono economicamente soddisfatte sia se lavorano continuativamente, sia se decidono di dedicarsi solo alla famiglia e possono contare sullo stipendio del partner.
Per capire l’importanza dell’indipendenza economica delle donne non è sufficiente studiare il loro reddito, è necessario, invece, indagare le loro scelte professionali e la concreta partecipazione al mercato del lavoro. In uno studio pubblicato sull’European Sociological Review1, Nevena Kulic, research fellow all’Istituto Universitario Europeo, indaga il livello di soddisfazione finanziaria delle donne sposate e conviventi di cinque paesi europei. L’autrice usa i dati dell’European Community Household Panel dal 1994 al 2001 e analizza le donne residenti in Italia, Francia, Danimarca, Regno Unito e Irlanda.
L’obiettivo dell’articolo è studiare i legami tra i modelli di occupazione scelti dalle donne e la loro soddisfazione finanziaria analizzando i dati provenienti da cinque paesi industrializzati, caratterizzati da regimi di welfare e politiche di regolamentazione del mercato del lavoro molto diversi tra loro. L’autrice parte dal presupposto teorico che le prospettive di carriera e le traiettorie lavorative delle donne siano più importanti rispetto agli stipendi per definire il processo di negoziazione delle risorse economiche familiari e delineare il benessere economico individuale.
I risultati confermano questa direzione: se da una parte l’attaccamento al lavoro, la prospettiva di una carriera e l’attività continua nel mercato del lavoro sono associate a forte soddisfazione finanziaria, dall’altra a carriere discontinue caratterizzate da frequenti interruzioni è associata una percezione negativa della soddisfazione finanziaria.
Le donne con una carriera discontinua hanno un ridotto attaccamento sia ai ruoli familiari sia al lavoro e sono costantemente a rischio di disoccupazione.
Al contrario, quante dimostrano un forte attaccamento al mercato del lavoro sono le più soddisfatte a livello finanziario, anche perché sono in grado di negoziare meglio la gestione delle risorse familiari, proprio a causa della loro successo lavorativo e del loro contributo all’economia familiare. In caso di presenza continua nel mercato del lavoro, la quota del reddito della donna, però, perde la sua importanza come strumento di contrattazione: le donne che lavorano full time e senza lunghe interruzioni sono infatti le più soddisfatte a prescindere da quanto alto sia il loro stipendio.
A sorpresa, dai dati è emerso che le casalinghe, ovvero coloro che decidono di dedicarsi esclusivamente alla cura della casa e della famiglia, sono, in alcuni paesi, tra cui l’Italia, altrettanto finanziariamente soddisfatte di quante lavorano a tempo pieno. Questo risultato conferma un aspetto già noto nella letteratura internazionale: per raggiungere il benessere economico le donne possono contare su due vie alternative: il mercato matrimoniale o il mercato del lavoro (Hakim, 2000. p 161). Dedizione a marito e figli e creazione di reti emotive più forti possono contribuire a creare un ambiente stabile in cui la donna si sente sicura e soddisfatta anche a livello economico. Oltre a queste indicazioni generali, Kulic propone un confronto tra nazioni, dal quale emerge che gli esiti delle carriere femminili, così come il livello di soddisfazione individuale, variano da paese a paese e non sono completamente spiegabili attraverso l’appartenenza ad uno piuttosto che ad un altro sistema di welfare. Esistono, infatti, componenti culturali, politiche, religiose, che andrebbero tenute in considerazione.
Per quanto riguarda l’Italia, è il paese tra i cinque in cui c’è una minore soddisfazione da parte delle donne: solo il 42% delle italiane, contro l’82% delle danesi è finanziariamente soddisfatto. Per le italiane, insieme alle irlandesi, ci sono gli stipendi medi più bassi e anche la maggiore probabilità di avere carriere caratterizzate da frequenti interruzioni.
L’Italia è, insieme alla Francia e l’Irlanda uno dei paesi in cui l’autrice nota lo stesso livello di soddisfazione tra quante lavorano a tempo pieno e quante decidono di dedicarsi esclusivamente alla famiglia. Questo non succede in Danimarca e Inghilterra.
Nel caso danese la distinzione maggiore sia ha tra donne che lavorano, sia a tempo pieno sia con interruzioni, e donne che non lavorano: le prime sono molto più soddisfate.
Nel caso inglese, invece, solo le donne che lavorano a tempo pieno e senza interruzioni si dichiarano economicamente molto soddisfatte.
In conclusione, le analisi indicano che non è il reddito a contare in maniera assoluta per la soddisfazione finanziaria di una donna, ma, anzi, nella maggior parte di casi la scelta di coinvolgimento nel mercato del lavoro continua e a tempo pieno: le donne che lavorano a tempo pieno si sentono più appagate di quelle che lavorano solo part time ed entrano ed escono continuamente dal mercato del lavoro. In alcuni paesi, ciò che conta di più è avere una posizione precisa o all’interno del mercato del lavoro, o al suo esterno (è il caso delle casalinghe). In Italia, invece, ciò che conta ancora e molto è il ruolo del partner, dimostrando un persistente attaccamento delle donne italiane al modello di famiglia tradizionale, legato al concetto di male-breadwinner.
1Kulic N. (2014) European Women: The Link Between Money, Career, and Financial Satisfaction, European Sociological Review, 30(3): 287–301
Riferimenti:
Hakim, C. (2000). Work-life Style Choices in the 21st Century. Oxford: Oxford University Press.
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