Adriano Olivetti realizzò progetti all’avanguardia nell’ambito di un mondo imprenditoriale che non era pronto ad accettare i suoi modelli di business.
La figura di Adriano Olivetti ha sempre suscitato in me curiosità e ammirazione forse anche per l’appartenenza a quella terra comune, il Canavese, che vide nascere la Olivetti e che diede i Natali alla mia famiglia.
L’ammirazione e la stima nei confronti di questo imprenditore non sono solo miei ma appartengono a tutto quel Canavese che nel dopoguerra visse il boom economico che l’Olivetti portò in quasi tutte le case.
Non si smise di coltivare la terra ma oltre che agricoltori si divenne anche operai o impiegati. L’industria di Adriano Olivetti non portò solo ricchezza in termini di salari ma regalò al Canavese un’impresa che avrebbe pensato al benessere dei propri dipendenti. L’Olivetti costruì scuole, asili, colonie e altre strutture che contribuivano alla serenità e al benessere dei propri lavoratori che sapevano dove condurre i figli durante le ore di lavoro o a chi affidarli durante il periodo estivo e in altre circostanze.
I salari dei dipendenti Olivetti erano anche integrati dai vari benefit che di fatto ne aumentavano il valore. Molto di quello che Adriano Olivetti pensò e offrì ai propri dipendenti in altre aziende giunse molti anni dopo e solo dopo aspre rivendicazioni sindacali. L’azienda Olivetti costruì un modello di efficienza e produttività costruito sul benessere del lavoratore che si sentiva apprezzato e che, di conseguenza, si sentiva parte integrante di quella realtà che contribuiva a far crescere.
Sicuramente Adriano Olivetti fu solo, non ebbe dei compagni d’avventura per un modello imprenditoriale che risultava atipico e certamente scomodo per tutti quegli imprenditori che credevano in una classicità dove le distanze fra padrone e lavoratore erano ancora molto grandi.
Mi colpì l’affermazione della figlia di Adriano Olivetti quando le chiesero se il padre era un uomo felice. Nell’intervista la figlia rispose «Sicuramente no» sottolineando come certamente il padre ebbe momenti di felicità ma anche una vita troppo impegnata e proiettata verso continue ricerche tanto da potergli offrire una certa insoddisfazione propria di chi ricerca costantemente l’evoluzione.
Adriano Olivetti venne stroncato da una emorragia mentre si trovava in viaggio, in treno. Nulla poté essere fatto e così morì un imprenditore che aveva ancora molto da offrire ma che soprattutto avrebbe dovuto ancora trovare il suo successore.
L’Olivetti non fu aiutata nel suo percorso nemmeno quando Adriano era ancora vivo, anzi, forse in un periodo di crisi, l’imprenditoria di quei tempi colse l’opportunità per frenare l’ascesa a un settore strategico – l’elettronica – a cui Olivetti stava guardando e per il quale aveva creato importanti esposizioni finanziarie.
Con questa mossa, sbagliatissima, si interruppe in qualche modo un’evoluzione strepitosa di un’azienda che se avesse continuato a seguire il proprio intuito e, se in questo fosse stata supportata, sarebbe certamente oggi una realtà leader nell’ambito dell’elettronica di consumo.
Adriano Olivetti appartiene a quel ristretto gruppo di persone che sono e rimarranno figure indelebili nella storia mondiale. Cultura, arte, musica, comunicazione e molto altro sono stati elementi di un progetto imprenditoriale unico che li ha saputi utilizzare per creare cultura, architettura e momenti di condivisione fra le classi.
Adriano Olivetti fu capace di annientare le lotte di classe fra padrone e operai mentre invece ancora oggi esiste una classe imprenditoriale e sindacale che alimenta queste lotte per il puro gusto di fare politica. Questo concetto aberrante non appartenere certamente ad Adriano Olivetti che costruì un’impresa armoniosa e unica.
La Olivetti verrà sempre ricordata per le macchine da scrivere ma creò molti altri prodotti tutti realizzati con tecniche d’avanguardia e con uno stile unico.
Forse però l’imprenditoria in grado di sopravvivere alla “ragion di stato” è quella che deve percorrere i binari banali del tempo in cui vive cercando di reggersi in piedi fra compromessi politici, finanziari e di casta. Non era questa la visione di un uomo animato da un socialismo ottocentesco ed una cultura rivolta al benessere altrui.
In un prossimo articolo faremo un parallelo fra Adriano Olivetti e Steve Jobs ispirandoci a un interessante documentario Rai che celebrò due visionari che seppero fondare il proprio successo sull’originalità del proprio pensiero.
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