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Renzi: l’Italia è ripartita!

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Il Premier Matteo Renzi fonda il suo ottimismo sull’analisi del PIL.

«L’Italia è ripartita, siamo fuori dal pantano del 2013. Dopo anni di grigiume, il clima è decisamente cambiato. Ma dico: scherziamo? Abbiamo avuto tre anni di recessione sconosciuta in altri Paesi. Pensi al nostro PIL: -2,3% con Monti, -1,9% con Letta e con me -0,4% l’anno scorso. Quest’anno siamo cresciuti dello 0,8%, nel 2016 lo faremo del doppio»

Queste sono state le parole del Premier Matteo Renzi rilasciate durante un’intervista. Che vi sia un clima di ripresa lo dichiarano anche alcune categorie come i commercianti che nel periodo natalizio hanno visto crescere le vendite rispetto all’anno precedente. Anche industria, artigianato e agricoltura manifestano segnali positivi che si stanno consolidando ormai da qualche mese. Ciò che bisogna consolidare in Italia è la serietà di una posizione statale e governativa nei confronti di chi è la locomotiva d’Italia: l’imprenditoria.

La crescita del PIL è solamente un fatto fisiologico derivante da una condizione globale che comunque sta migliorando anche in altri Paesi. Il vero rilancio dell’economia italiana parte – o meglio può partire – solamente da una completa e radicale rivisitazione di quella che è la macchina fiscale.

La competitività italiana come anche gli introiti governativi non si giocano sulla lotta all’evasione o su qualche punto di PIL ma piuttosto su una traumatica e immediata riconsiderazione di quella che oggi è la pressione fiscale. L’evasione in Italia è un fatto culturale che appartiene agli italiani. Vincere l’evasione significa mettere nelle condizioni gli imprenditori di non avere più alcun motivo che li induca ad evadere. Se la pressione fiscale scendesse al di sotto del 25% nessuno avrebbe più alcuna ragione per non sostenere l’Italia pagando le tasse fino all’ultimo centesimo.

In seconda battuta, ma al primo posto, dovrebbe esserci il rispetto da parte dello Stato per quegli imprenditori che forniscono beni e servizi ma che non vengono pagati come non vengono neanche onorati i debiti dello Stato nei confronti di quegli imprenditori che hanno creato ricchezza per il paese e che devono lottare per vedersi riconosciuti dei crediti che sono loro, che sono denari destinati alla sussistenza di una famiglia o di una nuova attività imprenditoriale.

Non vi sarà mai una reale ripresa se non vi sarà la pianificazione di un totale cambiamento di rotta del fisco italiano. Possiamo e dobbiamo essere ottimisti ma fin quando la liquidità verrà spesa per salvare le banche prima ancora di onorare i debiti contratti con i contribuenti l’Italia non si potrà dire un paese all’altezza di un buon governo come neppure ben posizionata per una solida ripresa.

Non è un problema di colore politico, in Italia non c’è mai stata una reale progettualità per definire una fiscalità che mettesse con le spalle al muro gli evasori e che metta tutti i contribuenti nella condizione di pagare aliquote eque che lascino nelle tasche dell’imprenditore almeno il 75% del fatturato che sarà destinato allo sviluppo e alla costante crescita dell’impresa che non dovrà delocalizzare in altri Paesi la propria produzione per evitare una condanna altrimenti, in alcuni casi, garantita.

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