La banca è un’impresa, la banca custodisce il denaro dei risparmiatori che sono i veri soggetti da tutelare. Perché le banche vengono salvate mentre altre imprese sono lasciate al proprio destino imprenditoriale?
Non vogliamo addentrarci nel merito di leggi e normative bensì vogliamo semplicemente proporvi una riflessione che interessa tutto il mondo produttivo: libere professioni e imprese.
In questi giorni è viva la polemica di quanto accaduto relativamente al salvataggio di banche sul lastrico mentre invece solo ora – dopo un suicidio – si stanno accendendo dei riflettori sui risparmiatori che erano correntisti delle banche salvate.
Le banche sono imprese, S.p.a., che vivono, o dovrebbero vivere, in base alle proprie capacità manageriali e imprenditoriali. Lo Stato garantisce da sempre – così era – i correntisti.
Ciò che è necessario chiedersi è perché uno Stato spendendo soldi pubblici, quindi dei risparmiatori, debba salvare una o più banche che sono state incapaci di fare impresa.
Se in crisi finisce un’azienda metalmeccanica o di qualunque altra natura essa sia questa non viene salvata bensì abbandonata al proprio destino. Pininfarina per sopravvivere si è venduta agli indiani, perché quindi si salvano solo le banche? Perché in questi casi lo Stato non garantisce i risparmi dei correntisti trasferendo le loro somme in altre banche sane?
Certamente una banca, se salvata, continuerà a offrire del lavoro ai propri dipendenti. Questo potrebbe essere un motivo per salvare una banca, ma se fosse realmente questo il motivo per cui si salvano gli Istituti di Credito vi dovrebbero essere anche dei decreti legge, o iniziative governative di altro tipo, che dovrebbero salvare ogni tipo di impresa. Questo però non è possibile.
Il governo salva delle realtà che hanno “giocato” con la pelle dei risparmiatori collocando nei loro portafogli della spazzatura. Questo stesso stato è quello che non trova i soldi per pagare i propri fornitori a tempo debito o per restituire i crediti IVA ai propri legittimi titolari.
Ci sembra quindi che le casse dello Stato “piangano” quando fa comodo ma aprano i forzieri all’abbisogna senza preoccuparsi più di tanto di quanto inciderà quella manovra sul patrimonio statale, di conseguenza su i nostri soldi.
La gestione governativa risulta quindi iniqua nei confronti dei soggetti che fanno impresa. Perché?
Non è un problema di “colore politico”, se lo fosse si sarebbe già risolto nell’alternanza governativa degli ultimi 20 anni. Purtroppo, che governi un colore o che governi un altro, i problemi restano sempre gli stessi. Di chi è quindi la colpa? C’è da chiedersi da chi siamo governati. Siamo per caso governati da coloro che salviamo dalla bancarotta?
Quanti soldi sono stati spesi – dei nostri – dal caso Monte Paschi a oggi?
Quanti ancora se ne spenderanno? Quante piccole banche sono sofferenti? Perché esistono così tante piccole banche che spesso non riescono far fronte alle regole dettate dal mondo bancario, e dall’Europa, e sono costrette a rastrellare denaro dalle casse dei risparmiatori attraverso titoli di ambigua qualità?
Nell’arco di un anno quanti soldi vengono elargiti “in beneficienza” prelevati dalle nostre tasche? Quanto potrebbero essere minori le manovre finanziarie se venissero cancellati contributi, a questo o a quello, e sostegni vari?
Forse, noi, continueremo a pagare perché nessuna forza politica avrà voglia di inimicarsi il mondo bancario, quello dell’editoria, quello delle associazioni etc.
Una cosa è certa: l’imprenditore che agisce in autonomia e fa impresa alimentando la forza della “locomotiva Italia” rimarrà sempre il soggetto dimenticato e/o sacrificabile al quale verrà chiesto di attendere i propri soldi, quelli dovuti o per cessione di beni e servizi o per crediti esigibili, mentre invece continueremo a spendere i soldi che dobbiamo a noi stessi per salvare soggetti “comodi” al mondo politico.
Image Credits: Wikipedia.org
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