La definizione di working poor nella letteratura sociologica ed economica non è univoca e prevede sia una dimensione individuale, sia una dimensione familiare. Parlando di working poor si fa, infatti, riferimento sia ai lavoratori con salario basso che non vivono in una famiglia povera sia ai lavoratori con un salario medio o alto che vivono una situazione di povertà familiare. Marianna Filandri ed Emanuela Struffolino, entrambe dell’Università di Milano Bicocca, affrontano, in un articolo del 2013, le ambivalenze legate a questa doppia definizione, e offrono un quadro dell’aumento dei working poor italiani durante la recente crisi economica. L’obiettivo principale del loro articolo è di indagare il rapporto tra lavoratori poveri e famiglie povere, ovvero capire se i lavoratori poveri vivano in famiglie povere o se questa associazione non si debba dare per scontata.
Per verificare queste due dimensioni, individuale e familiare, le due autrici usano i dati italiani dell’indagine European Union Statistics on Income and Living Conditions (Eu-Silc) per il periodo dal 2005 al 2010: un intervallo di tempo che comprende sia un momento di prosperità, sia l’inizio della crisi economica che ha colpito il nostro paese. Per arrivare ad una definizione di working poor che tenga conto di entrambe le dimensioni, studiano i lavoratori dipendenti nella fascia di età compresa tra i 18 e i 64 anni e includono nelle loro analisi i dati riguardanti le loro famiglie.
La strategia delle due autrici è capire se utilizzando i dati individuali e quelli familiari il rischio di essere inclusi nella categoria dei working poor rimane lo stesso. Pertanto Filandri e Struffolino calcolano il rischio di appartenere alla categoria dei working poor utilizzando entrambi gli approcci, ovvero valutando separatamente l’avere uno stipendio al di sotto della soglia di povertà, e l’essere parte di una famiglia povera.
I risultati mostrano che quando vengono usati soltanto i dati individuali, ad essere maggiormente a rischio di rientrare nel gruppo dei working poor sono le giovani donne con titolo di studio basso che vivono in famiglie a doppio reddito. Quando invece ci si concentra sulla dimensione familiare, ad essere maggiormente a rischio sono gli uomini con un basso titolo di studio e che vivono in famiglie male breadwinner, ovvero in cui è proprio l’uomo ad occuparsi del sostentamento economico del nucleo familiare.
Ciò che emerge dai risultati è, inoltre, che, a prescindere dal tipo di definizione considerata, il numero di working poor nella società italiana è in aumento: sono sempre di piú gli italiani che si trovano sotto la soglia della povertà, sia che si consideri il loro stipendio, sia che si consideri la loro situazione economica a livello familiare.
La definizione di working poor resta, quindi, secondo la visione delle autrici ancora non ben delineata. A seconda che si guardi all’aspetto individuale o a quello familiare il rischio di essere working poor si presenta maggiore per due gruppi sociali distinti: donne a basso reddito in famiglie bireddito da una parte e uomini con basso titolo di studio in famiglie malebreadwinner dall’altra.
Questo significa che a seconda della definizione utilizzata si farà riferimento ad individui diversi anche per l’eventuale creazione di policy risolutive del problema. Visto che, allo stesso tempo e a prescindere dalla dimensione studiata, quello dei working poor è un fenomeno in aumento, la necessità di una definizione unica e definitiva del problema si fa ancora più pressante.
Riferimenti:
Filandri M., Struffolino E.(2013) Working Poor. Lavoratori con basso salario o occupati che
vivono in famiglie povere? Un’analisi del fenomeno in Italia prima e dopo la crisi [Working
Poor. Low-wage workers, or workers who live in poor households? An analysis of the
phenomenon in Italy before and after the crisis], Sociologia del Lavoro, 121, 190-205
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