Il percorso di studio ha un chiaro impatto sulla futura carriera lavorativa: non solo il titolo di studio raggiunto, ma anche l’ambito di specializzazione determina le possibilità nel mercato del lavoro.
L’OECD negli ultimi anni ha lanciato l’allarme rispetto al calo di iscrizioni nelle scuole secondarie a indirizzo matematico, e alla diminuzione degli iscritti alle facoltà di matematica e fisica. Nel suo studio pubblicato nell’Economics of Education Review, Virginia Maestri, collaboratrice della Direzione Generale Occupazione, Affari Sociali e Inclusione della Commissione Europea, parla dei motivi per cui un aumento degli iscritti alle facoltà scientifiche sia auspicabile, e presenta i risultati di una politica del governo italiano volta a incentivare le iscrizioni a queste facoltà1.
Le ragioni che rendono necessario andare in questa direzione, dice la Maestri, sono molte: dall’esigenza di aumentare il numero di addetti allo sviluppo e alla ricerca per favorire la crescita economica, alla possibilità di creare laureati con sbocchi lavorativi ben remunerati, passando attraverso la riduzione del gender gap (la differenza di paga tra uomini e donne) proprio grazie all’inserimento di queste ultime in professioni scientifiche ben pagate. Dal bisogno di incentivare il numero di iscritti alle università scientifiche, seguendo le direttive OECD, in Italia è stato avviato il “Progetto Lauree Scientifiche”. Iniziato nel 2005, il progetto si componeva di più fasi e riguardava soggetti diversi: sponsorizzava la scienza tra gli studenti della scuola secondaria, formava i loro insegnanti, proponeva stage e borse di studio per gli studenti universitari.
L’analisi della Maestri testa l’efficacia delle misure introdotte dal progetto nella scuola secondaria, verificando l’aumento delle iscrizioni alle facoltà scientifiche per gli studenti inclusi nel programma. Il progetto prevedeva degli incentivi allo studio delle materie scientifiche, tradizionalmente considerate noiose, attraverso lezioni applicate e la valorizzazione delle prospettive future per chi si orienta verso facoltà scientifiche.
La politica ha promosso, infatti, attività extra curriculari di chimica, fisica, matematica e scienza dei materiali per gli studenti delle scuole secondarie e ha proposto spiegazioni concrete agli studenti degli sbocchi lavorativi al seguito della scelta delle facoltà scientifiche.
Lo studio copre gli anni dal 2004 al 2007 e considera gli iscritti alle università Statale e Bicocca di Milano e gli studenti delle scuole secondarie della zona in cui è stato avviato il progetto. La ricerca si propone non solo di verificare l’aumento delle iscrizioni alle università ad indirizzo scientifico, ma anche di vedere quali sono le facoltà maggiormente premiate, e se il progetto ha cambiato la percezione degli studenti rispetto alle possibilità lavorative date dallo studio delle materie scientifiche.
I risultati indicano che, in seguito alla partecipazione al “Progetto Lauree scientifiche” la probabilità di iscriversi ad università in questo ambito aumenta circa del 3% per gli studenti maschi, mentre rimane stabile per le femmine. Partecipare ad attività in matematica accresce la probabilità di iscriversi in fisica e viceversa. Il trattamento ha avuto inoltre un impatto positivo, e inaspettato, sulle iscrizioni a farmacia.
I risultati suggeriscono che la politica ha avuto successo nel correggere Le attese rispetto alla posizione nel mercato del lavoro per gli studenti maschi. Ad ampliarsi, inoltre, è stato l’atteggiamento generale verso l’approccio scientifico, piuttosto che un interesse specifico nelle discipline selezionate (lo dimostra l’aumento degli iscritti alla facoltà di farmacia, effetto non previsto dalla politica).
Il non funzionamento del progetto per le ragazze potrebbe essere dato da una loro diversa e minore risposto alle informazioni legate ai ritorni economici della scelta di facoltà scientifiche. In realtà, ammette l’autrice, i dati non permettono di capire quante ragazze abbiano partecipato ai corsi e alle lezioni mirate, quindi il fallimento della politica nei loro confronti potrebbe essere dovuto al fatto che sono state in poche a beneficiarne. Oltre a queste conclusioni ce n’è un’altra finale, molto importante. I dati dimostrano che in seguito all’introduzione della politica è aumentato in generale il numero degli iscritti alle università ad indirizzo scientifico. Questo fa pensare che l’effetto non sia stato tanto quello di ridistribuire gli studenti tra le facoltà, bensì quello di far iscrivere quanti, altrimenti, non avrebbero proceduto con gli studi.
Questi risultati confermano, secondo la Maestri del Progetto Lauree Scientifiche e, in generale, di tutte le politiche che intervengono prima che i ragazzi si iscrivano all’università. L’ordinamento italiano, infatti, prevede una riduzione delle tasse universitarie se le prestazioni accademiche sono al di sopra di una certa soglia: questo non è un incentivo sufficiente per gli studenti, perché agisce solo dopo che lo studente ha già deciso il suo indirizzo di studi. Le politiche pubbliche indirizzate ad aumentare gli iscritti all’università dovrebbero invece continuare ad essere orientate verso gli studenti della scuola secondaria.
1Maestri V. (2012) Promoting scientific faculties: Does it work? Evidence from Italy, Economics of Education Review, 32 (2013) 168–180.
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