Prendiamo spunto dalle notizie apparse sulle pagine delle varie agenzie per qualche riflessione: sorridere o piangere?
Il mondo del lavoro non si ferma nemmeno ad agosto, certamente rallenta e dopo un anno di fatiche la mente fa sognare luoghi vacanzieri dove trascorrere un periodo di meritato riposo. Questo vale per tutti imprenditori, liberi professionisti e lavoratori dipendenti.
Nei giorni immediatamente precedenti, o a cavallo del ferragosto, si sono lette notizie interessanti sulle pagine delle varie agenzie stampa.
Se da una parte si parla di crisi cinese, o di quella che potrebbe giungere, dall’altra si evidenza un deciso boom di crescita per quanto concerne le imprese cinesi che aprono i battenti sul territorio italiano. Non è solo la Cina a investire in Italia ma con lei vi sono anche Marocco e Romania ai primi posti.
La presenza di imprenditoria straniera è certamente positiva a fronte di un operato corretto e regolamentato che dovrebbe essere rispettato di più anche dagli stessi imprenditori italiani.
A fronte di una bella notizia c’è chi invita alla cautela. Squinzi infatti invita a interpretare tutti i dati positivi con estrema cautela, la cautela non è pessimismo ma semplicemente la necessità di «Andare avanti per crescere» citando le parole dello stesso Squinzi.
Ferragosto ricorda a tutti il momento caldo dell’estate, è forse il giro di boa della stessa, il giorno che segna il più alto punto della parabola che poi inizia a ridiscendere verso il periodo lavorativo.
Ebbene il caldo di quest’anno è stato gelato, per quanto ci riguarda, da una notizia incredibile.
La crisi porta fame, la fame porta lacrime, le lacrime portano disperazione. Poi c’è il momento in cui la crisi diminuisce e le linee produttive hanno bisogno di chi prima era in cassa integrazione o a rischio licenziamento.
La Electrolux è stata protagonista di una vicenda che ha dell’incredibile.
L’azienda dopo un periodo di recessione aveva bisogno di mantenere attive le linee anche a ferragosto per cercare di soddisfare la crescente richiesta dei propri prodotti. Un’azienda di tali dimensioni deve rapportarsi non solo con i lavoratori ma anche con chi ne tutela i diritti: i sindacati.
La Electrolux chiese quindi ai sindacati se poteva invitare i lavoratori a essere presenti sul posto di lavoro anche il 15 di agosto per evitare di fermare le linee. Seguì una risposta lapidaria e fu no.
Questa notizia è sconcertante! Non sono lontani i periodi in cui si parlava di licenziamenti, di mobilità o di cassa integrazione come non sono nemmeno lontani i periodi in cui si partecipava all’angosciante situazione dei vicini greci.
In una nazione dove si fa ancora il conto di quanti non hanno un posto di lavoro o di quanti lo potrebbero perdere che senso ha la risposta dei sindacati alla Electrolux?
Non ci siamo preoccupati di andare a indagare quanti o quali sindacati abbiano dato questa risposta perché semplicemente il dato non avrebbe aggiunto ulteriore sconcerto alla follia.
L’aspetto triste della vicenda è che una realtà come quella dei sindacati – che deve tutelare i diritti dei lavoratori – non comprende il momento storico ma continua a vivere retaggi culturali che la portano a sostenere i diritti ormai consacrati negli anni a beneficio dei lavoratori senza considerare però che, cambiando i tempi, bisognerebbe anche cambiare atteggiamenti.
I sindacati difendono i diritti del lavoratore. I titolari d’impresa che siano poveri pellegrini impegnati a sbarcare il lunario per pagarsi la pagnotta e garantirla ai propri dipendenti o che siano multinazionali sono comunque e sempre anche loro dei lavoratori che hanno il diritto, in quanto tali, di essere tutelati anche dai sindacati.
Se in Italia il sindacato non capisce questo continueremo ad agire in maniera preistorica – sebbene post bellica – generando delle inutili lotte di classe che risultano decisamente fuori epoca.
Mentre invece bisognerebbe comprendere che l’interesse di un’azienda appartiene a tutti: l’imprenditore non sarebbe nulla senza i lavoratori e i lavoratori non avrebbero un lavoro senza l’impresa.
Si parla poco dei paesi del nord, dei paesi scandinavi, e pochi sanno che il sindacato in quei paesi ha un ruolo veramente sociale, agisce veramente nell’interesse del lavoratore e lo sostiene nel momento in cui dovesse perdere il lavoro.
Mi sto riferendo in particolare alla realtà svedese che ho potuto conoscere da vicino. Il lavoratore paga una quota mensile al sindacato e questo, oltre a tutelare i suoi diritti, qualora il lavoratore dovesse rimanere senza lavoro, garantirebbe – se le cose non sono cambiate di recente – l’80% dell’ultimo salario sin tanto che il sindacato non lo ricollocherà in un’altra impresa.
In una realtà di questo tipo lo scontro, o le incomprensioni, fra l’impresa e il sindacato esistono solo quando veramente le motivazioni lo esigono. Altrimenti il rapporto che c’è non è conflittuale ma vive una strana e utile complicità perché comunque deve gestire gli interessi dei lavoratori unitamente a quelli delle imprese che saranno gli interlocutori unici per offrire posti di lavoro a chi ne ha bisogno.
Tutto ciò in Italia è fantascienza.
Lo dimostra l’intelligenza manifestata ad agosto nei confronti delle maestranze della Electrolux. Forse se i sindacati italiani dovessero garantire l’80% dell’ultimo salario a chi dovesse perdere il proprio salario sarebbero molto più capaci di comprendere le necessità di tutti anziché sventolare bandiere di diritti che non hanno alcun valore in assenza di un posto di lavoro.
Purtroppo in Italia il sindacato è storicamente una “stampella” del potere politico. Questo colora la ragione di tinte che non hanno più né un riscontro storico né un riscontro con l’attuale realtà economica.
Probabilmente i 101 disobbedienti che a ferragosto hanno lavorato contro il volere di chi li tutelava si concederanno a settembre, con i soldi di quel 15 agosto, una giornata con la famiglia visto e considerato che se hanno lavorato non erano in vacanza.
Fra dati positivi, inviti alla prudenza e follie il vincitore potrebbe essere il buonsenso. Peccato che in poche occasioni si manifesti tanto da segnare dei radicali cambiamenti.
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