Oggi parliamo dei call center, della fidelizzazione dei clienti e della privacy.
Alcuni anni fa ho cambiato compagnia telefonica. Ancora oggi vengo chiamato da call center che lavorano per la mia ex compagnia di telefonia mobile. Le prime volte che rispondevo, ho dovuto fronteggiare i modi di fare piuttosto bruschi del personale dei call center. Poi ho imparato a non rispondere.
Verificando il numero delle chiamate sconosciute ricevute, ho imparato a conoscere le varie aziende che lavorano per la compagnia telefonica. Esse sono distribuite in tutta Italia. Così i miei dati rimbalzano da una città all’altra, da un call center all’altro, senza successo. Devono pensare che sono una causa persa, eppure continuano a chiamare ripetutamente.
Quando si parla di un mercato ormai saturo come quello della telefonia mobile, la cosa che costa meno è mantenere i clienti. Se bisogna aggredire il portafoglio di clienti di un’altra azienda, la cosa diventa più difficile e costosa. Così si spendono risorse per far tornare i vecchi clienti che se ne sono andati, come me.
Spesso però queste telefonate hanno l’effetto contrario. Se prima in fondo non avevo niente contro la compagnia telefonica, le numerose telefonate sono piuttosto fastidiose e mi convincono che la nuova compagnia mi piace di più della vecchia, perché mi tratta meglio.
Come dicevamo, mantenere i clienti fidelizzati costa meno di acquisire nuovi clienti, ma questa strategia aggressiva e controproducente comporta che la mia ex compagnia telefonica fornisca i miei dati ad aziende che non conosco e con cui non ho nulla a che fare, che mi importunano telefonicamente.
Questa è anche una riflessione quindi sulla chimera della privacy, che potremmo definire così: finché sei mio cliente, ti tratto bene, se te ne vai, do i tuoi dati ad altre società che ne faranno quel che meglio pare loro. E via con il rimbalzo dei dati da un call center all’altro, alla faccia della privacy.
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