Due momenti storici completamente differenti ma la stessa capacità di vivere il presente guardando al futuro. La disgrazia e la fortuna di vivere in un contesto sociale e storico avverso o favorevole al proprio operato. Il diverso destino di due grandi imprenditori determinato dal momento storico in cui vissero.
Rai 3 propose qualche tempo fa uno splendido documentario che proponeva il parallelo fra due figure tanto distanti quanto vicine: Adriano Olivetti e Steve Jobs. Nati in epoche differenti, a distanza di decenni, questi due imprenditori possono sembrare allievi del medesimo corso di imprenditoria manageriale. La visione dell’impresa che tutti e due avevano era incentrata sulla filosofia che vedeva il futuro come strumento per pensare, vivere e progettare la vita presente.
Il documentario è splendido, fatto veramente bene. La chiosa del Dottor Paolo Mieli, giornalista e storico, è estremamente corretta quando considera i due differenti destini degli imprenditori legati sia alle loro differenti epoche sia al contesto socio-imprenditoriale dei due differenti momenti storici.
Adriano Olivetti fu un precursore, un imprenditore che creò un modello imprenditoriale atipico e mal visto dai colleghi dell’epoca che preferirono ignorare che si potesse creare ricchezza passando attraverso il benessere dei propri lavoratori.
Adriano Olivetti aveva una cultura socialista, un socialismo nordico forse anche apolitico, che semplicemente sviluppava concetti di giustizia e di equità. Sulla base di questi criteri sviluppò un’impresa che diventò importante a livello mondiale, un fiore all’occhiello per l’Italia.
Adriano Olivetti fu forse il primo imprenditore italiano a puntare su quella che sarebbe diventata l’elettronica di consumo. Lo fece in un momento storico in cui la Olivetti era vulnerabile a livello finanziario perché esposta con grandi banche.
La storia vuole che questo momento di criticità servì alla classe imprenditoriale dell’epoca a distruggere, o quanto meno si pensava di fermare, l’ascesa di un’impresa che viveva l’anima e il pensiero del proprio capitano: Adriano Olivetti.
La pressione di potenti amministratori delegati, quale Valletta per la FIAT, fece si che le banche troncarono il fiato alla Olivetti che dovette cedere il proprio comparto di elettronica distruggendo quella che era una base forte e illuminata per un futuro che avrebbe visto l’elettronica entrare nelle nostre case e gestire le nostre vite. Si diede così fine all’opportunità di avere in Italia forse una delle più grandi imprese che si sarebbero potute sviluppare proprio in ambito informatico ed elettronico.
Adriano Olivetti continuò a gestire la sua impresa sino a quel giorno in cui un infarto, un’emorragia interna, lo stroncò mentre era in viaggio su un treno. C’è anche chi sostiene che non fu una morte naturale ma indotta da un potere forte che vedeva “l’imprenditore rosso” come una minaccia storica e culturale per la vita dei grandi gruppi italiani.
Con Adriano Olivetti terminò un’epoca ma soprattutto non ritornò mai più una cultura che non aveva bisogno di sindacati e di lotte di classe per ottenere ciò che era utile avere per un benessere sociale che avvicinasse due classi che – non si sa perché – in Italia ci hanno sempre insegnato a vedere come nemiche: imprenditori e lavoratori.
Se in Italia si consumava un triste destino oltre oceano ne stava iniziando uno che, fra alti e bassi iniziali, avrebbe creato un colosso imprenditoriale in grado di essere l’esempio di come sarebbe stato scritto il futuro tecnologico in tutti quegli ambiti in cui Apple iniziava a operare.
Stava per iniziare l’era di Steve Jobs.
Se pensate che il genio e le capacità di una persona siano sufficienti a definire il proprio successo sicuramente vivrete una convinzione basata su speranza e illusione. Non esiste una persona tanto capace da definire il proprio successo che non sia in qualche modo beneficiaria anche solo di un evento che gli permetterà di dimostrare a qualcuno, o a tutto il mondo, le proprie capacità.
Steve Jobs iniziò la sua avventura con il suo amico e socio Steve Wozniak. Tutto iniziò nel garage della famiglia Jobs, in pochi metri quadrati le due menti geniali assemblarono quello che la storia avrebbe riconosciuto come il primo Personal Computer. Una scheda logica montata in una cassa di legno realizzata nella più completa artigianalità e in un numero estremamente ridotto di esemplari, gli stessi che servivano per mostrare al mondo quanto era fattibile.
Nella coppia Jobs ~ Wozniak la mente commerciale era certamente Jobs, colui che avrebbe convinto un importante imprenditore americano a essere il primo finanziatore di un’impresa che si stava sviluppando fra scaffali disordinati e un ambiente polveroso.
Ecco che capita l’evento destinato a tutti coloro che costruiranno qualcosa di grave: qualcuno credette nel genio di due amici, qualcuno credette che due ragazzi apparentemente fuori di testa potevano essere veramente i creatori di un prodotto innovativo che poi realizzarono, era il Personal Computer.
Tralasciamo la storia gloriosa di Apple che visse comunque degli alti e bassi iniziali per consolidarsi dopo qualche anno e torniamo invece alla storia degli uomini: Adriano e Steve.
Se Adriano fu osteggiato, non capito e chissà cos’altro; molti decenni dopo Steve Jobs avrebbe vissuto una sorte contraria: lui, con i suoi pensieri e le sue idee, si trovò a vivere non solo nell’epoca giusta ma anche in quell’area geografica dell’America in sui si stava definendo quella che oggi noi conosciamo come Silicon Valley.
Steve Jobs era nell’ambito di quella realtà che egli stesso contribuì a definire e che a sua volta lo aiutò nella sua impresa. Non aveva bisogno di essere capito perché in quel momento e in quell’aera geografica del mondo tutti parlavano il suo linguaggio e qualcuno comprese, grazie a questo vantaggio, anche il suo genio.
Steve Jobs diventò un’icona non solo per gli addetti ai lavori ma anche per quei consumatori che egli stesso portò a essere non solo degli utilizzatori di prodotti elettronici ma degli estimatori e dei fans di quegli stessi. Steve Jobs creò una realtà che ben presto dette un nome a una macchina, la Apple non produceva computers, i computers li producevano in molti, bensì dette vita al primo elaboratore elettronico riconoscibile con un nome: era il Macintosh preceduto dal Lisa per poi giungere ad una forma più contratta che vive ancora oggi nota a tutti come Mac.
Attraverso questi dettagli, questa filosofia e il desiderio di creare cose che andassero ad evolvere quanto l’epoca offriva si determinò il successo di un uomo tanto amato quanto odiato. Chi lo odiò lo fece però con rispetto perché comunque era innegabile il suo valore che tanto infastidiva tutti coloro che non appartenevano, per lavoro o per passione, all’ecosistema che Steve Jobs creò sotto il marchio Apple.
Adriano Olivetti non piaceva ai suoi competitor come non piaceva ai suoi Steve Jobs. L’epoca favorevole però lo difese e gli permise di fare ciò che invece fu impedito ad Adriano Olivetti. A questo si può aggiungere una visione completamente differente che caratterizza l’economia e l’industria di due grandi e differenti realtà: il vecchio e il nuovo continente.
Forse Steve Jobs avrebbe avuto vita più difficile in Europa e sicuramente di più in Italia, paese in cui il mercato non è solamente dominato dal valore dei singoli imprenditori ma anche da figure potenti che definiscono nell’ombra se un soggetto o l’altro può emergere diventando qualcuno.
Fra una storia triste e una ricca di gloria non ci resta che augurarci che gli ambienti dell’industria inizino veramente solo a considerare il genio tanto più quando il suo valore è oggettivo e che si smetta di tarpare le ali a menti innovative per salvaguardare vecchie roccaforti che spesso, in quanto tali, si potranno trascinare vivendo l’evoluzione dei tempi ma mai creando vera innovazione.
Image Credits: Rai.tv
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