“In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza”. Tre studiosi italiani hanno dimostrato che questo principio funziona, e per questo si sono meritati un premio prestigioso e ironico allo stesso tempo.
Nel 1969 lo psicologo canadese Laurence J. Peter pubblicò un libro dal titolo The Peter Principle, nel quale illustrava per la prima volta il Principio di Peter: “In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza”.
Questo principio ambiva a spiegare, con termini paradossali, le dinamiche di avanzamento di carriera nelle organizzazioni gerarchiche. Peter, infatti, utilizzava la satira per evidenziare i meccanismi alla base delle carriere aziendali.
Secondo l’autore un dipendente che ha buone doti e capacità in una determinata posizione viene promosso alla posizione superiore. Le promozioni si susseguono fino al punto in cui raggiunge una posizione che non gli è congeniale, per la quale dimostra di non avere sufficienti capacità e competenze. È questo il “livello di incompetenza”, un tetto raggiunto il quale il lavoratore si ferma, non avendo la possibilità di avere ulteriori promozioni.
Seguendo questo principio, se in un’azienda ognuno dei lavoratori arriverà al suo livello di incompetenza, si giungerà ad un momento in cui ognuna delle posizioni lavorative disponibili sarà occupata da qualcuno che non ha la capacità per svolgere i compiti richiesti. A lavorare in maniera efficiente saranno invece solo i lavoratori che non hanno ancora raggiunto il loro livello di incompetenza.
Nel 2009, a quarant’anni dalla pubblicazione del testo di Peter, tre studiosi italiani, non completamente persuasi dalla sua irragionevolezza, decidono di testare il principio di Peter, dando il via ad un articolo scientifico che verrà pubblicato l’anno seguente1. Si tratta di Alessandro Pluchino e Andrea Rapisarda, entrambi del Dipartimento di Fisica e Astronomia all’università di Catania, e di Cesare Garofalo, del Dipartimento di Sociologia e Metodi delle Scienze Sociali, sempre all’Università di Catania.
Attraverso delle simulazioni gli autori dimostrano la validità del Principio di Peter in aziende in cui i migliori vengono premiati con l’avanzamento al livello superiore, e in cui ad ogni livello corrispondono competenze richieste molto diverse tra loro, tanto che le abilità considerate ottimali ad un livello non risultino spendibili in quello successivo. Di fatto, se le mansioni sono molto diverse tra loro, nulla garantisce che chi è molto bravo in alcune mansioni, lo sarà poi in quelle che gli verranno proposte al livello successivo. Anzi, se al livello successivo corrisponderanno maggiori responsabilità ma anche abilità e competenze diverse, è probabile che il dipendente non sia in grado si svolgerle al meglio. In questo tipo di aziende, non solo vale il principio di Peter, ma esso porta, addirittura, ad una significativa perdita dell’efficienza dell’azienda. Lo stesso principio non vale, invece, quando si ha a che fare con organizzazioni in cui, anche salendo di livello, si continua comunque a fare lo stesso lavoro.
Attraverso dei test, gli autori dimostrano, inoltre, che il modo migliore per aumentare la produttività delle aziende gerarchiche e con posizioni altamente differenziate non è dunque la meritocrazia, bensì promuovere in maniera casuale i dipendenti, o, addirittura, promuovere sempre in maniera random, alternativamente, i migliori e i peggiori.
Questo non significa che gli altri non debbano essere sostenuti, ma che debbano essere promossi solo se, anche dopo l’avanzamento, continuano a svolgere le stesse mansioni che avevano nella posizione precedente. Se seguendo questi risultati si decide di applicare le promozioni in maniera random, gli autori suggeriscono di dare comunque degli incentivi ai migliori non promossi, magari di tipo monetario, per evitare effetti psicologici deleteri dovuti al mancato avanzamento di carriera. Un vantaggio della promozione random è che offre maggiore probabilità di far emergere nuove competenze inattese: promuovendo solo i migliori e portandoli al loro livello di incompetenza, si potrebbe invece bloccare i lavoratori incappati in un livello a loro non idoneo, ma che sono magari dei talenti ad un livello superiore. L’ultimo suggerimento dato dagli autori riguarda la quantità di promozioni random affinché l’azienda benefici in produttività: non è necessario che tutte le promozioni avvengano in maniera casuale, ma semplicemente che lo sia un numero considerevole di esse.
Questo studio, che dimostrò l’efficienza delle promozioni assegnate in maniera casuale in organizzazioni gerarchiche con livelli altamente differenziati, valse agli studiosi italiani il premio Ig Nobel 2010, assegnato per la prima volta ad un articolo del settore management. Il premio viene conferito dalla rivista Annals of Improbable Research, una rivista dedicata all’umorismo scientifico.
Il premio Ig nobel (che in italiano suonerebbe “ignobile”), una sorta di parodia del premio Nobel, è allo stesso tempo prestigioso e ironico, vuole celebrare le ricerche insolite, quelle che, come nel caso degli studiosi italiani alle prese con il Principio di Peter, prima fanno sorridere, poi fanno riflettere.
1Pluchino, A., Rapisarda, A. e Garofalo, C. (2010) The Peter principle revisited: a computational study. Physica A 389, 467 (2010)
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