L’entusiasmo va proposto con delicatezza, dopo un attento ascolto del clima aziendale, deve crescere pian piano, contagiare, farsi spazio, come un piccino nella pancia della mamma. Nascono così i progetti di cambiamento migliori e più duraturi. Quelli che nascono da uno stimolo che può anche essere esterno, ma fioriscono dall’interno.
L’equilibrio aziendale è importantissimo. Si tratta forse di uno degli aspetti più delicati, profondi e fragili nell’organizzazione e nell’efficienza di una impresa.
Abbiamo provato tutti, almeno una volta nella vita, come tutto funzioni perfettamente grazie a un buon equilibrio intangibile, spesso nemmeno creato ad arte, ma costruitosi nel tempo con l’amalgamarsi delle persone, delle loro caratteristiche e delle loro competenze.
E subito dopo come tutto possa andare in frantumi in un istante: le procedure diventano farraginose, possono esserci discussioni o liti o il diffondersi del malumore, o del lassismo, la produttività o la concentrazione calano… Perché?
Forse perché qualcuno se n’è andato, qualcuno è arrivato, è stato avviato un nuovo progetto e c’è aria di cambiamento, ci sono estranei che girano per gli uffici e chissà chi sono e cosa vogliono, forse il bilancio non è più così sano, forse, forse, forse, forse…
Basta un niente a diffondere il panico. Spesso accade – se così accade – per una comunicazione interna assente o sbagliata. Nella maggior parte dei casi basterebbe far precedere certi avvenimenti da comunicazioni ben progettate, ben fatte, ben comunicate (anche la frase scritta meglio bisogna saperla pronunciare al momento giusto, nel modo giusto, nel giusto contesto: non date mai nulla per scontato).
In altri casi, quando ci apprestiamo a implementare un progetto di cambiamento e abbiamo bisogno di coinvolgere tutta la struttura in modo sano, positivo e attivo, allora non basta comunicare bene. Diventa necessario scegliere il consulente per le sue competenze, ma anche per le sue caratteristiche personali: un portatore sano di entusiasmo è quello che ci vuole, ma attenzione, che non invada degli uffici dove le persone sono stranite, in attesa o prevenute in modo negativo con entusiasmo astratto, la classica situazione in cui il consulente è stracarico di energia e tutti lo guardano con stampato negli occhi “tanto non cambia niente!”.
L’entusiasmo va proposto con delicatezza, dopo un attento ascolto del clima aziendale, deve crescere pian piano, contagiare, farsi spazio, come un piccino nella pancia della mamma: arriva in silenzio, non si vede e non si sente, ma c’è, è potente, attiva un cambiamento profondissimo nella donna, un cambiamento che è per sempre, un cambiamento fisico che non si potrà più cancellare, poi pian piano la pancia cresce, inizia a vedersi e i movimenti del piccolo si fanno sentire ed ecco che si sviluppa una relazione profondissima, capace di durare nel tempo, una relazione empatica (ancora non ci siamo visti, ancora non possiamo parlarci e per parecchio tempo, anche dopo che sarai nato, potremo guardarci solo negli occhi).
Al lavoro non è diverso. I cambiamenti più importanti, positivi, forti, sani e coinvolgenti sono stati pensati a lungo, progettati e analizzati sotto ogni punto di vista e proposti pian piano, ascoltando, intervistando, cercando di capire tutte le dinamiche, espresse e – soprattutto – nascoste.
Sono progetti che fioriscono da sè. Quelli che a un certo punto non è più il consulente a proporre le attività da svolgere e a ricordare le corrette procedure, ma sono i lavoratori che lo tirano qui e là con mille nuove proposte che lui sa correttamente incanalare, calendarizzare, oppure rimandare.
Tutto questo è possibile se noi professionisti sappiamo essere portatori sani di entusiasmo, non finti, non forzati, non portatori di leggi e regolamenti, ma ascoltatori capaci, attuatori attenti a plasmare ogni progetto sulla misura del cliente (del cliente al completo, inteso come azienda, lavoratori compresi), professionisti equilibrati, capaci di attendere e con il polso fermo, perché ci sono anche punti fermi su cui non si può soprassedere, perché ne va della qualità di quanto proponiamo: capaci quindi di compromessi adeguati, ma anche di dire no con fermezza, giusto quando serve.
Dott.ssa Chiara Gandolfi
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