Quando le tue domande, invece che ottenere risposte, suscitano altre domande potresti trovarti di fronte a un serio professionista che prima di azzardare intuizioni e ipotesi le verifica sul campo con analisi accurate.
La prima volta che ho affrontato una intervista, ho capito il valore fondamentale delle domande e la loro potenza.
Saper fare domande è un’arte: le domande devono essere infatti interessanti, profonde, capaci di stimolare il nostro interlocutore, di sollecitare correlazioni con argomenti diversi, di portare alla luce ricordi e commenti; devono muovere la voglia di comunicare, rievocare la passione, far emergere le verità nascoste e le argomentazioni taciute.
Fare domande è più difficile quando l’intervistato risponde con poche parole, addirittura a monosillabi, facendo avanzare il discorso con grande fatica e senza offrire spunti interessanti al giornalista per ulteriori domande.
Fare domande è ancora più difficile quando l’interlocutore attende soluzioni e risposte.
Perché un imprenditore sceglierebbe un consulente se non fosse convinto che è un professionista serio e affidabile? Quindi in grado di rispondere alle sue domande e alle necessità aziendali con risposte efficaci e competenti? E se alle sue domande ricevesse – anziché risposte – una più o meno estesa serie di domande?
Non sorprenderti: più il problema che esponi è serio e radicato e più l’analisi del professionista che svolge la consulenza dovrà essere approfondita e accurata. Anche perché è tenuto a scoprire se dietro ai problemi detti ve ne sono di ben più gravi di cui l’imprenditore e i suoi collaboratori non sono nemmeno consapevoli.
Se anche il consulente intuisse al volo i nodi da sciogliere, piuttosto che esprimere ipotesi e opinioni preferirà accertare sul campo le proprie intuizioni, consolidarle con dati precisi, svolgere interviste per coglierne le sfumature. Solo quando le intuizioni saranno una seria e concreta ipotesi di lavoro, il professionista esporrà la propria analisi e – a questo punto sì – anche le strade percorribili per colmare i gap oppure per dare sviluppo al business.
Una analisi accurata e svolta con il giusto grado di profondità è un punto di partenza imprescindibile per avviare qualsiasi lavoro condiviso e fruttuoso.
Pensate che in tema di comunicazione le analisi siano superficiali perché in fondo avete solo bisogno di una bella brochure?
Bella per chi? Bella per fare cosa? Bella per ottenere quali risultati?
Bella non vuole dire assolutamente nulla, a meno che non significhi: targettizzata per un pubblico specifico, focalizzata per obiettivi, allineata all’immagine aziendale e a quella attesa dal mercato… ovvero risponda a determinati requisiti dettati da una corretta analisi del pubblico, del marcato, dell’azienda, del prodotto/servizio ecc…
Solo da questa analisi possono discendere strumenti di comunicazione efficaci… e quindi anche belli!
Dott.ssa Chiara Gandolfi
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