Sono pochi in Italia gli uomini che decidono di usufruire del congedo parentale. In questo articolo parlo delle regole e della diffusione in Italia e in Europa del congedo di paternità, indagando i motivi per cui esso è importante a livello culturale e quelli per cui, invece, rimane una pratica poco diffusa in Italia.
Esistono due tipi di congedo per i padri italiani dopo la nascita di un figlio.
Il primo è stato introdotto di recente in via sperimentale. Si tratta del congedo obbligatorio che prevede un giorno di sospensione dal lavoro retribuito al 100%, a cui si aggiungono due giorni facoltativi alle stesse condizioni economiche. I padri possono usufruirne entro i primi cinque mesi del bambino (legge 28 giugno 2012, n. 92. Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita). Oltre a questo congedo, essi hanno anche diritto a beneficiare del congedo di maternità della madre1 (che diventa congedo di paternità) nel caso questa sia impossibilitata ad usufruirne o vi faccia esplicita rinuncia.
I dati riguardanti questo secondo tipo di congedo parlano chiaro: sono ancora pochissimi i padri italiani che decidono di avvalersene. Nel 2004 il 75 per cento delle madri ha usufruito del congedo di maternità, contro appena il 7 per cento dei padri (Anxo et al. 2007)2.
Nel 2005 erano il 7,5% (fonte: Istat, Rilevazione continua sulle forze di lavoro aprile-giugno 2005) mentre si è tornati al 7% nel 2009: si tratta di 24 mila padri contro oltre 253 mila madri (dati INPS: rapporto sulla coesione sociale 2010).
Nel confronto con gli altri stati Europei c’è da considerare che le regole per beneficiare del congedo parentale variano da stato a stato. Nel 2011 Moss3 dimostrò che meno del 3% dei padri usufruiva del congedo parentale in Austria, Repubblica Ceca, e Polonia. In Danimarca, all’opposto ben il 24% dei padri si avvaleva del congedo parentale già nel 2005 (Robila 20124). Ma mentre i padri in media prendevano 8 settimane, di congedo, alle madri ne spettavano 28. La Svezia è invece il paese in cui c’è maggior bilanciamento tra madri e padri.
Nel 2011 il 44% dei padri e il 56% delle madri usufruiva dei congedi, ma erano sempre le madri ad uscire dal mercato del lavoro per un periodo più lungo: 95 giorni contro i 37 dei padri (Moss 2013).
La Germania si è resa protagonista negli ultimi anni di un cambiamento volto a incentivare i congedi di paternità. Grazie ad una specifica riforma, i padri tedeschi sono passati dal 3,5% dei congedi nel 2007 al 16% del 2009 fino al 27,8% del 2011(Moss 20135).
La riforma prevedeva che in caso fosse solo la madre ad usufruire del congedo, esso durasse 12 mesi, nel caso invece anche il padre ne beneficiasse, la durata fosse di 14 mesi.
I motivi per cui in Italia questa pratica non è ancora diffusa sono sia di carattere economico che di stampo culturale. Le famiglie tendono a preferire che sia la madre a rimanere a casa dal lavoro dopo la nascita di un figlio in quanto lo stipendio della madre è spesso il più basso, quindi quello a cui è meno difficile rinunciare (il congedo di maternità viene retribuito all’80% nei primi mesi e al 30% nei mesi facoltativi). Inoltre, c’è scarsa informazione tra i lavoratori rispetto a questa opportunità, e persiste una distinzione netta di ruoli in cui è la madre a doversi prendere cura della casa e dei figli, quindi a rinunciare al lavoro, specialmente nei primi mesi di vita del bambino. I padri temono, inoltre, che il congedo di paternità li metta in cattiva luce con il datore di lavoro o che incida sulle loro possibilità di carriera.
Ma la diffusione di questa pratica sarebbe invece un grande passo avanti per incoraggiare l’uguaglianza di genere nell’ambito familiare, in modo da cambiare l’esperienza di genitorialità dei padri e ridurre le asimmetrie di coppia nel lavoro di cura. Una maggiore diffusione dei congedi di paternità porterebbe, inoltre, ad una minore discriminazione delle donne nel mercato del lavoro.
Si ridurrebbero, infatti, le motivazioni per cui le imprese tendono ad assumere più uomini che donne, per timore delle loro interruzioni nei percorsi di carriera.
Per andare verso questa direzione in Italia si è fatto il piccolissimo passo del congedo obbligatorio di un giorno. Ci sono però alcune realtà che si muovono in maniera più decisa in questa direzione.
È il caso della Regione Emilia-Romagna che ha lanciato di recente la campagna informativa “Oggi ci pensa papà”6. Si tratta di un servizio di informazione per i padri riguardo al congedo di paternità, con l’obiettivo di diffondere una cultura in cui i padri includano nelle proprie funzioni genitoriali anche la piena quotidianità dei figli.
Di seguito è riportato il video della campagna informativa: Congedi per i papà: che fare
Questi sono solo i primi passi di un lungo cammino verso la condivisione dei ruoli familiari.
1Qui i dettagli su congedo di Maternità e paternità
2Anxo, D., Mencarini, L., Pailhe, A., Solaz, A. e M. L. Tanturri e L. Flood. “Gender Differences in Time Use over the Life Course in France, Italy, Sweden, and the US”. Feminist Economics ,17, n. 3, (2011): 159-195
3Moss, P. 2011. International review of leave policies and related research. London: International. Network on Leave Policies and Research
4Robila, M. 2012. Family Policies in Eastern Europe: A Focus on Parental Leave. Journal of Child and Family Studies 21 (1): 32–41
5Moss, P. 2013. International review of leave policies and related research. London: International Network on Leave Policies and Research.
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