Come può esserci sviluppo imprenditoriale se si nega il credito alle imprese? Dove sono finiti quei Direttori di banca che guardavano negli occhi l’imprenditore e capivano che si sarebbe giocato la casa pur di salvare l’impresa? Se le banche non vendono più il denaro agli imprenditori, questi a chi si devono rivolgere?
Ogni impresa che si rispetti ha una propria missione ben definita. Da secoli ormai le banche avevano il compito di custodire il denaro dei risparmiatori e rivenderlo per finanziare il mondo dell’impresa.
Sono ormai passati molti anni da quando i Direttori di banca ti guardavano negli occhi per capire quanto tu eri garante della tua impresa, quanto ti saresti giocato delle tue proprietà per salvare “la tua creatura”. Molte imprese sono nate cresciute, o comunque sopravvissute, ipotecando terreni, abitazioni e superando a denti stretti periodi molto critici.
Personalmente mi ricordo quando il costo del denaro raggiunse, e forse superò, il 25%. Un onere folle, si direbbe insostenibile, eppure in quegli anni gli istituti di credito vendevano ancora il denaro come il panettiere vende ancora il pane. Se avevi un progetto sano molto andava alla banca ma tu potevi lavorare consolidando quelle posizioni già raggiunte o raggiungendo mete che altrimenti sarebbero rimaste dei miraggi.
Oggi ci si chiede perché in Italia non si investe più. Credo che i motivi siano due: la pressione fiscale non permette di intraprendere delle attività se non necessarie e mantiene lontani dalle imprese gli investitori stranieri che vorrebbero sicuramente sostenere il Made in Italy e poi perché, per investire, occorrono quei denari che non ti vende più nessuno.
L’imprenditore con le unghie sporche di grasso, l’agricoltore con le scarpe infangate o l’industriale con la sua ventiquattrore, che giungono nell’ufficio del direttore di banca per discutere un finanziamento o l’estensione di una linea di credito, sono figure sempre più romantiche appartenenti ad epoche passate perché ad oggi si vende il denaro a chi essenzialmente non ne ha bisogno o a chi comunque rientra in quei freddi parametri stabiliti dai computer che gestiscono i sistemi bancari.
Escludendo la componente umana e l’emotività dalla valutazione della richiesta di finanziamento si dichiarano automaticamente inadeguati una quantità infinita di imprenditori, che invece, come un tempo, darebbero la vita per la propria impresa.
In questo folle scenario del sistema creditizio si inserisce una nuova realtà. Priminvestment sta introducendo in Italia un progetto pensato sull’onda di ciò che già accade nei paesi anglosassoni. Negli USA il crowdfunding non è solo una risorsa finanziaria importante per le aziende, ma è anche l’opportunità di trovare finanziamenti provenienti da altre imprese, o da privati, che generano forme sinergiche che altrimenti non esisterebbero.
Il testo che leggerete di seguito è la prima presentazione di Primi. Leggete con molta attenzione come dei giovani professionisti provenienti da diversi settori dell’industria e dalla finanzia abbiano importato e adeguato alla realtà nazionale l’idea che le PMI possano essere sostenute per una ripresa che è necessaria.
Io mi auguro che questo progetto sia veramente il primo segale di un cambiamento di rotta che altrimenti manterrebbe al palo l’economia Italiana. Non dimentichiamoci mai che la vera locomotiva del paese è l’impresa, laddove per impresa si intende quella sommatoria di realtà che lavorando creano posti di lavoro generando ricchezza per se e per gli altri.
Mi auguro di potervi presentare presto i volti di questi giovani coraggiosi affinché attraverso il loro storytelling e le loro immagini possiate avvicinarvi ad un progetto innovativo ma soprattutto animato da persone con pensieri innovativi.
Laddove questo progetto potesse sembrare non del tutto innovativo si consideri che per la prima volta, non credo di sbagliarmi, si agisce al di fuori di ambiti dove i soliti fortunati sono i destinatari di progetti intelligenti.
Bene, è ora di voltare pagina e leggere il progetto di Priminvestment.
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