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CLIC – Oggi NEET domani chissà

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Chi sono i NEET? Quali sono le caratteristiche della disoccupazione giovanile in Italia? Questo articolo risponde a queste due domande, proponendo una riflessione sulle caratteristiche dei giovani italiani senza lavoro.

Negli ultimi giorni si è parlato molto di riforma dell’articolo 181. Ancora non sono chiare le intenzioni del Governo. Pare si vada verso l’abolizione del diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo o immotivato, per le aziende con più di quindici dipendenti. Parlare di tutela dei lavoratori è indispensabile in questo periodo, visto che la percentuale di disoccupati in Italia sta raggiungendo quote molto alte, ed è stata, negli ultimi anni, in costante aumento.

Quando l’ISTAT parla di disoccupati non si riferisce a chi non ha un lavoro ma a quanti non avendo un lavoro lo ricercano attivamente. Questa categoria è numerosa, soprattutto tra i più giovani, mentre tra gli over 50 i livelli di disoccupazione sono tuttora contenuti. Negli ultimi si è creato un forte divario tra i giovani che si affacciano al mercato del lavoro e quanti hanno già da tempo una posizione lavorativa stabile.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello - CLIC

Grafico: Percentuale di disoccupati tra il 2004 e il 2013 per fasce d’età (elaborazione personale dati ISTAT

Il fenomeno della disoccupazione giovanile ha attratto negli ultimi anni l’attenzione degli esperti. I giovani fuori dal mercato del lavoro e non più impegnati nell’istruzione sono stati denominati NEET. NEET è un acronimo inglese e sta per Not (engaged) in Education, Employment or Training e si riferisce a quanti non stiano frequentando né la scuola né corsi di formazione, e non abbiano un impiego. I NEET non sono nemmeno impegnati in attività quali tirocini o lavori domestici. Nelle statistiche italiane sono identificati come giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni e in questa categoria si tiene conto anche di quanti non stiano attivamente cercando lavoro2.

L’Italia si posiziona, insieme a Spagna, Grecia e Irlanda tra i paesi europei a più alta presenza di NEET, secondi soltanto alla Turchia. Questi paesi, insieme al Portogallo che nel 2012 dimostrava una percentuale contenuta di NEET, sono anche quelli maggiormente colpiti dalla recente crisi economica. La mappa mostra inoltre che, nel 2012, soltanto Germania, Svizzera, Austria e i paesi del Nord sono stati toccati solo marginalmente dal fenomeno.

Mappa 1: Percentuale NEET negli stati europei, dati Eurostat 2012

Ma chi sono questi giovani? Innanzitutto, come abbiamo visto, stiamo parlando di una fetta considerevole della popolazione. Nel 2012 l’ISTAT3 parlava di due milioni e 250 mila giovani in questa categoria, di cui circa il 30% inattivi, ovvero non alla ricerca di lavoro e non disposti a lavorare. I NEET sono in numero maggiore donne e la loro diffusione è più alta al Sud. Inoltre si tratta nel 50% dei casi di diplomati. Tra gli stranieri residenti in Italia, la condizione di NEET è molto diffusa tra le donne di origine albanese e marocchina e, in questo caso, si tratta, principalmente, di casalinghe con figli.

Secondo l’ISTAT, inoltre, la condizione di NEET in Italia è meno legata che in altri paesi alla disoccupazione, ovvero è lo scoraggiamento verso il mondo del lavoro a incidere sui giovani in Italia più che nel resto d’Europa. Solo uno su tre nel nostro Paese è, infatti, alla ricerca di lavoro, contro uno su due della media europea.

ImprendiNews – Dott.ssa Alessandra Minello - CLIC

Ovviamente questo requisito di inattività pone i NEET in una condizione di svantaggio nei confronti del futuro. Essi non stanno accumulando capitale umano (l’insieme delle conoscenze che si raccolgono tramite l’istruzione o la formazione), sono più propensi ad esperire nel futuro esperienze di lavoro povero e sono anche più esposti a uno stile di vita più pericoloso e a condizioni di svantaggio a livello di salute mentale e fisica. In molti casi si tratta di ragazzi inseriti nel lavoro nero, in altri, come si è detto ci si riferisce ai giovani che hanno smesso di cercare un lavoro, in seguito ad esperienze negative, e ovviamente, finiscono per affidarsi alle famiglie d’origine per il loro sostentamento. Inoltre, disoccupazione e inattività sono correlate con l’abbandono scolastico, ovvero al variare delle prime, varia anche il secondo. Il fatto che i giovani non completino i loro cicli di istruzione li porta a trovarsi poi ad entrare nel mercato del lavoro in una posizione poco competitiva. Questi fattori conducono i NEET a provare in molti casi un senso di esclusione rispetto alla società in cui vivono, nella quale non riconoscono di avere un ruolo attivo.

Questo articolo è iniziato con un riferimento all’articolo 18, il quale serviva ad introdurre l’argomento, ma è ancor più utile per concluderlo. Allo scoraggiamento dei giovani nei confronti del lavoro, che abbiamo visto essere condizione frequente in Italia, è necessario rispondere andando in due direzioni: una che spinga ad una facilitazione nel percorso tra la fine dell’istruzione e l’ingresso nel mercato del lavoro. L’altra che garantisca maggiori tutele a quanti riescono a trovare una posizione lavorativa. È difficile chiedere ai giovani uno slancio di positività, ma allo stesso tempo è difficile chiedere agli imprenditori o ai datori di lavoro di fidarsi di una categoria che fa dello scoraggiamento una bandiera. Come per tutte le cose, serve uno sforzo congiunto per uscire da un momento difficile e ritrovare fiducia nel futuro di imprese e lavoratori.

1L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300) afferma che il licenziamento è valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo. Esso si applica solo alle aziende con almeno 15 dipendenti.

2Nota metodologica: nella definizione di Eurostat viene considerata la fascia d’età 15-34, per l’ISTAT invece si guarda alla fascia d’età 15-29. Ci sono anche alcune differenze riguardanti i corsi di formazione (per l’ISTAT vengono considerati NEET anche quanti frequentano corsi di formazione professionale regionali ) che portano l’ISTAT ad una sovrastima del fenomeno, di circa mezzo punto percentuale.

3I dati presentati in questa sezione provengono dal Rapporto Annuale, ISTAT 2013.

Image Credits: Francesco Brunelli

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About Author

Sono Research Fellow all’Istituto Universitario Europeo a Firenze, dove mi occupo di traiettorie di genere nell’istruzione e nel mercato del lavoro in Germania. Nel 2013 ho ottenuto il dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale all’università di Trento: nella tesi dottorale mi sono occupata delle aspettative di istruzione delle prime e seconde generazioni di stranieri in Italia. Durante il dottorato ho collaborato con il Dondena Centre for Research on Social Dynamics, all’Università Bocconi di Milano. Infine partecipo ad un progetto di demografia storica dell’Universitá di Padova sulla mortalità infantile nel Veneto dell’Ottocento. Sono appassionata di scrittura, fotografia e arte.

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